Il vino bianco si ottiene da spremiture soffici di acini d’uva bianchi o rossi.
Segue l’immediato allontanamento delle stesse, particolarmente se colorate, o per taluni vini di maggior pregio, una breve macerazione, al fine di ottenere un vino frutto dal colore più o meno ricco (curioso che i vini bianchi vengano definiti tali quando, in realtà sono gialli), più o meno strutturato, più o meno longevo.
Per alcuni vini bianchi di rilevante fattura, si possono effettuare brevi macerazioni sulle bucce al fine di arricchire il vino di sostanze fenoliche poiché più pigmenti ci sono, più il vino è salutare (perché contiene maggiori quantità di sostanze antiossidanti e rischia meno eventuali alterazioni causate dall’ossigeno).
Completata la vinificazione in bianco, in genere innescata dall’aggiunta di lieviti selezionati, il succo ottenuto dalla pressatura delle uve è immediatamente raccolto in contenitori d’acciaio (per ottenere un vino in cui prevalgano aromi primari), o in botti di legno (se si preferisce un vino bianco più articolato e capiente). Vino bianco.
Ma andiamo per gradi: una volta pigiata e pressata, l’uva viene condotta alle vasche di fermentazione, ove il mosto presenta alcuni composti che poi, in varia misura, troveremo ancora nel vino bianco; mentre altri li ritroveremo completamente trasformati come, ad esempio, gli zuccheri che vengono totalmente distrutti nel corso della fermentazione, per produrre vini secchi.
Gli zuccheri dell’uva sono due: il glucosio ed il fruttosio, dal sapore più dolce. Essi costituiscono il 15-25% delle componenti dell’acino.
Nel mosto abbiamo poi gli acidi organici dell’uva, in quantità leggermente superiori a quelle che riscontreremo poi nel vino finito: infatti l’acido tartarico precipiterà parzialmente, grazie alla stabilizzazione a freddo del vino e l’acido malico, nel caso dei vini bianchi, diminuirà in fermentazione del 20-30%, ad opera dei lieviti.
Abbiamo poi i composti fenolici, particolarmente abbondanti in mosti da uve molto mature ed in annate con grande insolazione: sono i leucoantociani, le catechine ed i tannini. Anche la clorofilla, il pigmento più diffuso nel mondo vegetale, si riscontra in taluni vini bianchi ed è particolarmente visibile nei vini bianchi provenienti da uve lievemente acerbe, quindi vendemmiate in anticipo o in annate sfavorevoli. Sono presenti nel mosto infine pectine, mucillaggini, vitamine, sostanze aromatiche, ecc..
Tutto questo in aggiunta alla componente quantitativamente più importante del mosto, cioè l’acqua. Dalle caratteristiche del mosto si potrà intuire quali saranno le caratteristiche del vino da esso ottenuto.
La fermentazione alcolica consiste nella trasformazione degli zuccheri presenti nel mosto in alcol etilico più anidride carbonica. Il futuro vino bianco diverrà presto tale grazie all’attivarsi della fermentazione alcolica: quel processo in virtù del quale gli zuccheri presenti nel mosto si trasformano in alcol etilico ed anidride carbonica. Zuccheri = Alcol etilico + Anidride carbonica.
I protagonisti assoluti di questa complessa trasformazione sono i lieviti che si trovano, in natura, sulla buccia dell’uva e che, al momento della pigiatura, finiscono nel mosto, innescando così la fermentazione degli zuccheri in essa contenuti. Attaccando gli zuccheri presenti nel mosto (glucosio e fruttosio ), li trasformano in alcool etilico ed anidride carbonica, oltre ad una serie di prodotti secondari (così detti perché prodotti in minori quantità) quali la glicerina ( da 2 a 10 g/lt. ), l’acido acetico (da 0,2 a 0,4 g/lt. in vini sani), l’acido succinico (da 0,6 a 1 g/lt. ) ed altri in quantità ancora inferiori, dell’ordine del mg/lt (aldeide acetica, alcoli superiori, ecc…).
In un mosto appena pigiato si possono riscontrare diversi generi e specie di lieviti , alcuni buoni fermentatori, altri meno: per fortuna, normalmente, i primi prendono il sopravvento sugli altri. Tuttavia, onde evitare ulteriori rischi, esistono in commercio lieviti cosi detti “selezionati”, cioè scelti dopo molte selezioni, per una loro peculiare qualità fermentativa..).
E’ molto importante il controllo della temperatura in fase fermentativa perché ne consente un decorso regolare ed una migliore qualità organolettica del prodotto finito. Esistono contenitori in acciaio ideali per impedire che venga superata la temperatura ottimale che, nei vini bianchi, si aggira tra i 18-22°C.
Vinificazione in bianco
La vinificazione in bianco, contrariamente a quanto si possa pensare, viene utilizzata, oltre che per la produzione di vini bianchi, anche per la produzione di vini rosati da uve molto ricche di colore. Le uve conferite in cantina possono seguire due lavorazioni differenti: nella prima, la più tradizionale, l’uva viene eventualmente diraspata (o immessa direttamente nella pressa) e pressata; nella seconda si effettua una diraspa pigiatura, poi una criomacerazione, per esaltare il corredo aromatico del mosto e, di seguito, la pressatura.
A questo punto le due tecniche si ricongiungono continuando nel modo seguente:
• Mosto di pressa – E’ l’ultima porzione di mosto ottenuta con la pressatura; la più ricca in polifenoli ed estratto che darà origine ad un vino poco longevo e con profumi meno ampi e fruttati.
• Vinacce – Vengono conferite in distilleria per poi essere fatte fermentare in un recipiente saturato, preventivamente, con anidride carbonica o in sacchi chiusi ermeticamente. Finita la fermentazione possono venire distillate per la produzione di grappa.
• Mosto fiore – S’intende la prima porzione di mosto sgrondato dalla pressa, prima che questa arrivi a pressioni relativamente elevate (1/1,5 atm).
• Refrigerazione – Si effettua onde evitare che, il mosto ottenuto, inizi la fermentazione prima del suo illimpidimento, necessario affinchè il vino bianco non acquisisca cattivi odori.
• Chiarifica – Effettuata la solfitazione, si rende necessario illimpidire il mosto. Vengono utilizzati, a questo scopo, chiarificanti di tipo proteico come la gelatina e la caseina. Questi composti, reagendo tra loro, formano un flocculo che, assorbendo le particelle sospese, depositano sul fondo, lasciando il mosto praticamente limpido.
• Sfecciatura – Trascorse 24 o 48 ore dalla chiarifica, il mosto può essere travasato, oppure filtrato, al fine di separare i fondi creatisi dal mosto limpido. A questo punto verranno effettuate le eventuali correzioni (acidità, grado zuccherino, sostanze azotate e contenuto vitaminico) e l’inoculo di lieviti selezionati (quasi indispensabile in questo tipo di vinificazione dove, il mosto, è stato illimpidito, e quindi anche impoverito dei lieviti naturalmente contenuti).
La fermentazione verrà controllata ad una temperatura intorno a 20°C.; ultimata questa si potrà scegliere se effettuare il travaso per eliminare il fondo creatosi (costituito soprattutto da cellule di lieviti morte) o, prolungare la permanenza del vino su di esso al fine di caratterizzare il prodotto con un leggero sentore di lievito e dare una maggiore pienezza gustativa. La fermentazione malo lattica viene quasi sempre impedita, nei vini bianchi, a causa degli effetti negativi che produce sul vino.
Il vino bianco è ora pronto per essere imbottigliato a meno che, in virtù di una grande annata e di una scelta preventiva, non si intenda farlo affinare, per un breve periodo, in legno nell’intento di arricchirne le caratteristiche organolettiche grazie ad una micro-ossigenazione che il legno comporta.
Rispetto al vino rosso, il vino bianco è più difficile da connotare storicamente. La sua scoperta, come spesso accade, fu frutto di pura casualità ed i reperti archeologici inerenti la scoperta di uva o succo d’uva fermentato sono moltissimi. I più antichi risalgono addirittura al neolitico ma non si ha conoscenza certa se venisse consumato vino bianco o vino rosso, almeno sino ai Greci che consumavano normalmente vino bianco, molto alcolico e dolce ma non si hanno notizie certe relativamente al vitigno, alla zona d’origine e alle tecniche di vinificazione. Sembra che alcuni vini bianchi fossero ottenuti da uve nere, separando le bucce dal mosto prima della fermentazione.
Piero Canopoli e Giuliana Dalla Longa